Magazine

Passeggiate nella Contea – Corso Umberto I – Parte Seconda

…Deliri. Devi avere certamente un febbrone. Il capo ti gira e vedi migliaia di volti che compaiono e scompaiono in una sfilata interminabile. Non state neanche in piedi; urti e sei urtato. Il dolore fa rompere gli argini e dimentichi di essere una persona educata. Dopo esserti sfogato con parolacce, ti getti alla ventura e pesti i calli del prossimo.
Per le feste, è solo marmellata, come si dice in gergo da queste parti. Le donne mettono il nuovo abito e credono di essere il bersaglio di tutti gli occhi.
Sul palcoscenico affollato si credono tutte primedonne. Per ore ed ore, in un andirivieni ostinato, portano a spasso il loro abito; fino a quando a tarda notte, stanche, sfinite, lasciano il campo, portando a casa un po di delusione.
Il giorno dopo il Corso si desta tardi, sudicione, sonnacchioso.
Ci sta qualche tempo a smaltire la sbornia.
Se vuoi incontrare qualcuno, pazienta un pochino e senza fallo lo incontrerai, col bello o col cattivo tempo.
Non per nulla fino ad ieri lo chiamavano il «salone». Per misantropo che sia, il modicano non può fare a meno della sua passeggiata lungo il Corso. Quì si trova come a casa sua.
Si conoscono tutti, si cercano con gli occhi. Se un tale non si fa vedere per due giorni, puoi giurarci che sta male o ha lasciato il paese.
La bella bionda, dalle forme aggressive, rifà la sua quotidiana apparizione. Il suo petto prepotente cerca di farsi largo tra le falde del soprabito.
La bella ragazza scivola con finta impassibilità, cosciente dell’ammutolimento che produce.
Il sole se n’è andato e la sera avvolge il Corso con una coltre d’oscurità. Si accendono le insegne dei negozi.
Comincia la passeggiata.
I marciapiedi, che dal Palazzo dei Ferrovieri arrivano all’Istituto Magistrale, diventano passerella…
Lunghi pellegrinaggi, su e giù, in cui i ragazzini corrono e si azzuffano, e dove prima o poi in lontananza si vedrà un volto conosciuto…
…Il Corso è un signore che aborre gli scandali e i fattacci di cronaca, favorisce gli amori giovanili, i pavoneggiamenti degli arrivati, le fiere dell’eleganza per ogni stagione. Tollera qualche debole creatura, che non sa accettare il gioco e si dà a fare pazzie; ma vuole contegno anche in queste situazioni delicate. Altrimenti non c’è posto dentro il Corso.
Dolce, sonnolente, si lascia prendere dal formicolio del passeggio di ogni giorno; poi, la sera, molto presto, manda tutti a nanna, senza il bacio in fronte. Le smancerie gli rivoltano lo stomaco.
Sono le due e solo pochi ostinati si attardano in piazza. I negozi hanno già abbassato le saracinesche; le insegne, stanche di un inutile occhieggiare, chiudono la loro giornata in un ammutolimento desolato, e guardano con occhi spenti il deserto notturno del Corso.
Qualche ombra qua e là scivola quasi furtiva; poi sparisce.
L’orologio del Municipio scocca le ore con voce rauca; gli risponde, come per consigliargli una visita da laringoiatra, l’orologio del Castello, col suo occhio allucinato.
Buona notte a domani.

Qui la prima parte

(L’originale è tratto da “Visita nei quartieri di Modica” – E.Marino)

Seguici su: