L’8 dicembre, «stelle» per un giorno
Quando Marcello Perracchio ed io salivamo sul palcoscenico del Teatro Garibaldi di Modica, ed è quasi mezzo secolo fa, la prima cosa che facevamo era quella di scambiarci le giacche. Marcello, con la mia, sembrava talmente ristretto in se stesso come se fosse caduto in acqua e ne uscisse appena. Al contrario, io nella sua giacca ci stavo dentro dieci volte, e vi vagavo come un personaggio surreale. Sicché, a volerlo, Marcello era una sorta di Ollio e io, per forza, somigliavo a Stanlio.
Ci eravamo incontrati in due teatrini prima di iniziare la nostra «carriera»: uno era quello dei Salesiani, in una farsa a cui partecipavano personaggi più grandi di noi, fra cui l’indimenticabile Piero Casiraro. L’altro, era quello dei Gesuiti, ed era il 1956. Il successo, in quest’ultima recita, era stato enorme, grazie anche alla «pubblicità» che avevamo fatto con dei volantini. Da quel momento, sentimmo il bisogno di fissare una data, già che ci eravamo iscritti entrambi all’Istituto Tecnico per Geometri: l’otto dicembre.
Poiché non eravamo scolari modello, ma molto conosciuti, preparavamo quello spettacolo godendo la simpatia del preside Guerrieri e di alcuni professori. Non avevamo nessun copione per gli spettacoli, almeno all’inizio, ma Antonio Grana pensava alle musiche, Duccio Belgiorno ai fondali, che concepiva con grandi fogli di carta incollati pazientemente e Gino Zacco combinava le luci. Riuscivamo a mettere su delle ore di divertimento, tanto che il teatro si riempiva fino all’inverosimile, e non mancarono gli avvisi della polizia. Il successo degli spettacoli all’Archimede fu sempre continuo, e ogni volta vi era grande aspettativa fra gli studenti di tutta la provincia.
Dopo i primi tentativi, che somigliavano all’avanspettacolo, Marcello, oltre ad essere il dominatore assoluto della scena, era diventato il capocomico di una troupe fatta da cantanti, fini dicitori e musicisti. Verso la metà di quel periodo, io cominciai a fare il presentatore e il cantante confidenziale, tanto che cantavo le mie stesse canzoni. Sto parlando di quel mondo lontano come se esso fosse stato inventato, se non fosse che possiedo ancora alcune fotografie che ne certificano l’esistenza.
Una farsa famosa, fu quella in cui io diventavo maestro e Marcello scolaro, Mardocheo. Dialoghi da oratorio, non vi è dubbio, ma nel mezzo di essi, l’aria fresca di nuove battute, di folgoranti intuizioni. E famosa era la lunga, esplosiva e liberatoria risata di Marcello in quel pezzo: «Mardocheo, allora, parlami di Colombo e della scoperta dell’America».
Marcello raccontava la sua storia, fra gli applausi frenetici, fino a quando io dicevo: «Allora un marinaio sulla coffa…» Marcello a quel punto si bloccava. Da quel grande comico che era, sapeva ben calcolare le pause, guardando in aria e poi verso il pubblico: «Professore, nella coffa mia madre ci mette la spesa!», e il teatro impazziva.
Divenni la sua spalla e viaggiammo come duo in provincia e fuori. A Ragusa, al Marino, a Vittoria al Roxy, a Gela alla Conchiglia. Eravamo conosciuti e amati, anche se io sognavo solo di fuggire dalla provincia, e di fare il giornalista e lo scrittore. Furono gli anni più belli della nostra vita, e il Garibaldi di trasformò nel luogo più grande del mondo. La Scala, La Fenice, il Metropolitan non erano nulla a confronto. Entrandoci per l’ultima volta alcuni anni fa – e non lo farò mai più – mi è sembrato di risentire le risate che accompagnavano le entrate di Marcello, i motivetti di qualche mia canzone di cui non ricordo più le parole.
La cosa più triste, alla fine, ma che fa parte del nostro comune destino, è che non vedo Marcello Perracchio tanto spesso, come un tempo. Ma so che sale ancora sui palcoscenici, che ha fatto dei film, che si è fatto strada in quel mondo che lui amava molto. Lui, in quella larga giacca che indossavo cinquant’anni fa, tiene ancora nascosta la mia giovinezza, le mie canzoni confidenziali, le mie illusioni e i miei amori. E questa, oltre ad essere tristezza di un distacco, è la storia di un’amicizia lontana, tanto lontana da sembrare nata l’altro ieri.
(testo completo su Teatro delle Pietre e giardini nel cielo – Petralia Editore – 2007. Acquistabile presso libreria La Talpa)
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