Cappella Mazara
La Cappella Mazara rappresenta una delle parti più importanti del Duomo di San Pietro Apostolo. Racconta una parte fondamentale della sua storia, dei suoi benefattori e dello spirito che ha contribuito alla rinascita della città dopo il terremoto.
Appartenuta all’antica famiglia Mazara, sotto il pavimento sono presenti le sepolture di Petra e Giuseppe Mazara, artefici della ricostruzione materiale e comunitaria del Duomo.
Oggi custodisce il Museo del tesoro del duomo nel quale è possibile ammirare il patrimonio secolare della Chiesa Madre. Nel 2020 questo ambiente è stato restaurato grazie all’opera della Parrocchia e delle associazioni culturali delle chiese in un progetto comune per leggere le crisi e le rinascite del Val di Noto sotto una nuova luce.
Il progetto ha riscosso ampio consenso e ha permesso la rapida realizzazione di un’area espositiva che custodisce il patrimonio artistico della chiesa che racconta di come la fondazione di “Chiese Collegiate” e la capillare presenza dei Canonici nel territorio abbiano contribuito a creare a partire dal XVI secolo un tessuto sociale unito e coeso che vedeva nelle chiese il proprio punto di riferimento.
Nel 1595 viene eretta con decreto papale la Collegiata di San Pietro Apostolo ed alla Vigilia di Natale del 1600 si insediarono il primo arciprete con 6 canonici, che si affiancarono ai sacerdoti ed ai cappellani già operanti nella Chiesa Madre, col compito di assistere spiritualmente la popolazione e di organizzare la creazione di ospedali, mense per i poveri e orfanotrofi. La vita dei sacerdoti canonici si svolgeva attraverso l’assistenza spirituale, lo studio delle sacre scritture, la trascrizione degli archivi storici e la celebrazione di decine di messe di suffragio utilizzando tutti gli altari laterali e organizzando le numerose processioni cittadine. La ricchezza delle collegiate si è manifestata anche nella sontuosità dei paramenti religiosi(piviali, pianete, dalmatiche e stole) e dei “giogali” (tronetti, ostensori, calici e pissidi) utilizzati nella liturgia. Opere il cui restauro continua tutt’oggi.
Descrizione guidata:
1° set di opere d’arte sacra
Piviale azzurro in tessuto broccato con decorazioni a palmetta: il piviale è un ampio mantello lungo quasi fino ai piedi utilizzato nelle processioni dalle più importanti dignità della Chiesa. Viene detto anche pluviale perché sul dorso porta un cappuccio riccamente decorato per ripararsi dalla pioggia. Questo paramento azzurro era utilizzabile solo durante le celebrazioni legate alla Vergine Maria, come l’Assunzione o l’Immacolata Concezione. Si registra un utilizzo di questo colore solo in Spagna, in alcune diocesi del Portogallo e nelle nazioni colonizzate del Centro e Sud America. E’ anche questa una conferma del legame fra gli usi e i costumi del nostro territorio con quelli della penisola iberica.
Madonna del Soccorso: Statua in marmo bianco di Carrara con decorazioni in oro raffigurante la Madonna che porta in braccio Gesù ed ai suoi piedi il Demonio con sembianze mostruose, alla sua destra, mentre sul lato opposto è raffigurato un bambino che, intimorito dalla presenza del Demonio, cerca protezione tra le pieghe del mantello della Madonna che arriva con una grande mazza nella sua mano destra per colpire il malcapitato Demonio. Purtroppo, dell’originaria mazza conserva solo un mozzicone in marmo posto sotto la mano destra. Invece si è miracolosamente salvato il globo in argento nella mano di Gesù, di cui si erano perse le tracce da diversi decenni, ritrovato, durante l’ultimo aggiornamento della catalogazione. Gli studiosi del rinascimento collocano la statua tra quelle realizzate dalla scuola gaginiana a cavallo tra il 15° ed il 16° secolo. La statua in origine era collocata nella Chiesa del Soccorso, demolita un secolo fa insieme all’attiguo Monastero dello Spirito Santo per fare posto ad un istituto scolastico. Successivamente fu collocata nella Chiesa gesuitica posta sull’altro lato lato di “Corso Umberto I” per mantenerne il culto. Purtroppo nel 1976 la Chiesa gesuitica fu chiusa per problematiche di staticità. Statua, suppellettili ed altre opere d’arte sono rimaste all’interno della chiesa in una situazione di totale degrado e abbandono. Solo nel 2003 la statua è stata sottoposta ad una meritoria opera di restauro e di pulizia. Per evitare di riportare la statua alla situazione di degrado precedente, si è deciso di collocare definitivamente la statua all’interno della Chiesa Madre. La statua che pesa intorno ai 750 kg è stata collocata nella nicchia della Cappella Mazara dove ora si può ammirare in tutta la sua bellezza.
Balza d’altare della seconda metà del XVIII° secolo, con ricami in oro su rete con monogramma mariano realizzata per l’altare centrale dedicata all’Immacolata Concezione, alla quale almeno dal XVI° secolo è consacrato il Duomo e, sempre nel XVI° secolo, è stata fondata la confraternita di Maria Immacolata. Una balza d’altare tanto preziosa viene realizzata per valorizzare un altare di grande prestigio. Si ha notizia di una costruzione della cappella centrale negli ultimi decenni del XVI° secolo finanziata dal governatore Enriquez Cabrera, che la sceglie come luogo della sua sepoltura.
Simulacro San Benedetto Giuseppe Labre. Da un ritrovamento casuale di un simulacro e dalla sua identificazione recuperiamo la storia settecentesca di un giovane francese venuto in Italia: nato ad Amettes, in Francia, il 25 marzo 1748, quando arrivò in Italia prese dimora stabile sotto il 42° arco del Colosseo. Pellegrinando fra le chiese si presentava in tutte quelle che restavano aperte per l’adorazione delle quarant’ore. Per questa ragione fu ridenominato il povero delle 40 ore. La sua fama a Roma si diffuse a tal punto che i suoi consigli spirituali erano richiesti da Cardinali e Nobili.
Nel suo peregrinare fra chiese e Santuari di tutta l’Europa per dedicarsi a lunghe adorazioni percorse oltre 33.000km a piedi e transitò anche da Modica, probabilmente per imbarcarsi dal borgo di Pozzallo verso l’isola di Malta. A causa della sua vita di stenti morì il giorno del mercoledì santo del 1783, a soli 35 anni, dopo essersi sentito male nella Chiesa di Santa Maria dei Monti dove fu sepolto e dove tuttora c’è un simulacro identico a quello modicano. Beatificato in data 20 maggio 1860 da Papa Pio IX° e poi canonizzato l’8 dicembre 1881 da Papa Leone XIII°, su impulso di importanti ordini religiosi.
2° Set di opere d’arte sacra
Dipinto raffigurante la “Consegna delle chiavi del paradiso a San Pietro Apostolo”. Tela settecentesca di ottima fattura ma di autore anonimo nella quale San Pietro è il destinatario della chiave di argento e della chiave d’oro che rappresentano il potere spirituale derivante da Cristo e giustificano il primato su cui si basa l’autorità papale. A partire dalla conclusione del Concilio di Trento il sacramento della penitenza diventa un tema centrale della dottrina cattolica. La chiesa dopo la riforma di Lutero doveva giustificare la sua stessa esistenza. E lo fa in primis ricordando a tutti l’importanza della Penitenza. E’ evidente che la tela parli del perdono dei peccati: solo Pietro può consentire il nostro ingresso in Paradiso perché solo a lui, nella sua funzione di Principe degli Apostoli, compete la facoltà di farci ottenere la remissione dei peccati.
“Teca dei corpi santi”. La teca recentemente realizzata contiene i corpi santi di 4 martiri uccisi dai Romani pochi anni prima dell’Editto di tolleranza emanato dall’Imperatore Costantino nel 313 d.C. Si tratta di San Donato Vescovo, San Concordio, Sant’Eugenio e Santa Cirilla. I loro resti furono donati alla Chiesa di San Pietro Apostolo in Modica nel 1661 che realizzò singole urne reliquiario in argento ed organizzò per più secoli una festa portando in processione i 4 corpi santi. Nella medesima teca si può ammirare uno splendido ostensorio dorato del XVIII° secolo frequentemente utilizzato nelle processioni del Corpus Domini ed il braccio di San Pietro Apostolo arricchito da una minuscola reliquia del Principe degli Apostoli che viene portata in processione per la festa di San Pietro il 29 giugno insieme alla vara di “San Pietro e il paralitico”.
Sull’altare è possibile ammirare un tronetto barocco della metà del XVIII° secolo per esposizione eucaristica: edicola laminata in oro su argento con anima in legno che veniva posta sull’altare centrale per l’esposizione dell’eucarestia in occasione delle quarant’ore. Opera particolarmente ricca di decorazioni barocche ritrovata in pessime condizioni, essendo stata abbandonata per decenni in locali umidi che hanno favorito il degrado della struttura e la dannosa opera di insetti xilofagi. La meritoria opera di volontari della parrocchia ha evitato il definitivo cedimento del capolavoro barocco. Le quarantore furono la forma tipica che l’adorazione del Sacramento prese in Italia agli inizi del XVI° secolo, richiamando le 40 ore che Gesù Cristo passò nel sepolcro prima della sua Resurrezione. Solo con San Carlo Borromeo nel 1565 si ebbe un’organizzazione stabile di tale prassi. A Roma il grande fautore delle quarantore fu San Filippo Neri che la prese come una delle principali pratiche di devozione per la sua Confraternita. La pratica presto si diffuse anche in Sicilia ed anche nella chiesa Collegiata San Pietro Apostolo di Modica si sviluppò una confraternita delle quarantore che contribuì a dare particolare solennità e stabilità all’adorazione eucaristica nel periodo pasquale.
Teca con i giogali della Collegiata ed i minireliquiari. In data 9 maggio 1659 con apposita bolla Papa Alessandro VII, vista l’elevata popolosità della città di Modica e la celebrazione quotidiana di 60 messe quotidiane nella Chiesa Madre di San Pietro Apostolo, autorizza l’arciprete Giovanni Battista Vassallo ad utilizzare insegne proprie dei Vescovi (mitra, baculo pastorale, anello pastorale e paramenti prestigiosi anche nelle processioni all’esterno della Chiesa). A partire da tale data vennero utilizzate durante le liturgie mitra e ferula, oltre al pastorale durante le processioni, sul quale troviamo l’incisione “Giovanni Battista Vassallo primo Arciprete Mitrato della popolosa città di Modica”. La mazza del capitolo apriva le processioni solenni e veniva portata da una figura di spicco del Capitolo dei Canonici. Ferula e mazza portano in testa le insegne della Collegiata di San Pietro (tiara papale e chiavi incrociate). La conduzione della liturgia eucaristica era facilitata dalla presenza sull’altare di 3 cartegloria, come quelle esposte nella teca, che riportavano le parti fisse della messa in latino (credo, gloria, santo ecc.) stampate in caratteri chiari per aiutare la memoria del celebrante. Figura centrale della seconda metà del XVII° secolo fu l’Arciprete Giovanni Battista Vassallo nipote di Petra Mazara, principale benefattrice della chiesa. Già all’età di 28 anni assume la guida della Collegiata di San Pietro e la manterrà fino alla sua tragica morte sotto le rovine del terremoto dell’11 gennaio 1693. Durante la reggenza di Vassallo la chiesa di San Pietro aveva giurisdizione su 3 chiese parrocchiali e 40 chiese sacramentali, arrivando la sua giurisdizione fino al borgo marinaro di Pozzallo.
Tra i beni recuperati in occasione dell’apertura dell’area espositiva si è deciso di esporre alcuni mini-reliquiari datati fra il 1595 ed il 1604 e reliquiari mariani di particolare pregio del XVII e del XVIII secolo. Frequentemente i reliquiari più preziosi servivano per esporre reliquie della Madonna. La devozione mariana non è solo un elemento costante della vita della chiesa modicana, ma è ovvio l’intensificarsi del richiamo a Maria durante le fasi più difficili della vita della città e dell’intera Chiesa. Infatti mentre il XVII° secolo è costellato di terremoti, carestie ed epidemie, anche la Chiesa vive profonde tensioni riformatrici. Dalla mappatura fatta nel 1955 dallo storico Belgiorno risulta che Il 29% delle 157 chiese modicane era intitolato alla Madonna. Anche nelle Chiese non intitolate alla Madonna gli altari più prestigiosi sono sempre a Lei dedicati nelle sue svariate accezioni. La toponomastica modicana per fortuna mantiene parte del nome originario delle strade, anche se il riferimento alla Madonna venne sistematicamente eliminato. Così la Via Santa Maria di Loreto è diventata Via Loreto, la Via Santa Maria della Scala è diventata Via Scala, la Via Santa Maria di Portosalvo è diventata Via Portosalvo, la via Santa Maria “Ex audi nos” è diventata via Exaudinos ecc. ecc.). Inoltre, a fronte delle disgrazie che colpiscono la città di Modica, il popolo chiede la protezione della Madonna delle Grazie dopo il ritrovamento miracoloso nel 1615 di una lastra di ardesia su cui è dipinta la Madonna col Bambino. Nasce così il primo santuario e la città di Modica viene consacrata alla Madonna delle Grazie sua patrona, con un tempio costruito per concessione della Chiesa di San Pietro, che avrà giurisdizione sul Santuario fino a 40 anni fa, quando venne nominato il primo parroco del Santuario della Madonna delle Grazie.
3° set di opere d’arte sacra
Dipinto raffigurante il “Transito di San Giuseppe”. La presenza di questa tela ci ricorda l’importanza della famiglia Mazzara ed in particolare della baronessa Petra che fece costruire questa cappella a partire dal 1665 per la celebrazione di messe quotidiane di suffragio per i propri famigliari.
Nessuna informazione ci perviene dai quattro evangelisti in merito alla morte di San Giuseppe. L’origine del suo culto che risale al 2° secolo d.C. fa ricorso ai Vangeli apocrifi. Secondo il protovangelo di Giacomo, Giuseppe lasciò questa vita prima della missione pubblica di Gesù e fu assistito nella sua agonia da Gesù stesso e dalla Vergine Maria. Pare che il culto si sia originato proprio nella città di Nazaret ad opera dei Giudeocristiani. Dopo la loro espulsione da Nazaret nel secolo VII il culto si diffuse in Egitto e poi grazie a traduzioni in latino si sviluppò anche nei nostri territori. Ma la morte di San Giuseppe contribuì a sviluppare anche a Modica le cosiddette pratiche “della buona morte” ovvero un cammino spirituale di preparazione al trapasso in quanto quella di San Giuseppe veniva intesa come morte ideale accanto alla moglie e tra le braccia del proprio figlio, peraltro prima che quest’ultimo si dedicasse alla missione che lo porterà alla morte.
Tali “pratiche” trovarono concretezza nella fondazione presso la chiesa Collegiata di S. Maria di Betlem di un’Arciconfraternita dell’Orazione e Morte con lo scopo di dare una degna sepoltura agli indigenti e ai poveri, altrimenti lasciati a morire per strada.
Questa iconografia trovò presto, a Modica, rapida diffusione attraverso la creazione di altri quadri e dipinti in altre chiese come nella chiesa di San Giovanni Evangelista o nella chiesa della Madonna della Catena.
La settecentesca tela presente a San Pietro Apostolo di Modica corrisponde ad una volontà testamentaria espressa dal sacerdote Giuseppe Mazzara, fratello della baronessa Petra Mazara che fece costruire la Cappella di famiglia a partire dal 1665, dove celebrare 2 messe al giorno per i propri defunti. Nelle sue volontà testamentarie il Sacerdote scelse quale propria sistemazione definitiva una cappella dove dovrà essere collocata una tela con la morte di San Giuseppe. Il transito di San Giuseppe originariamente collocato in questa cappella era probabilmente quello oggi esposto nel lato destro della chiesa del SS. Salvatore datato 1667, periodo corrispondente al previsto completamento della cappella Mazara da parte dei mastri Calisti di Carlentini. Alcune curiosità relative al transito di San Giuseppe presente a San Pietro si riferiscono alla presenza in posizione defilata del Principe degli Apostoli, facilmente riconoscibile per l’abbigliamento e per la barba. Inoltre in alto a sinistra si scorgono due soggetti che stanno dialogando mentre quello a sinistra tiene in una mano una lente e nell’altra una imprecisata risma di fogli. Nessuno di questi personaggi è invece presente nella tela del 1667, dove oltre ai componenti della Sacra famiglia vengono raffigurati solo angeli, la colomba dello Spirito Santo, l’Onnipotente che attende Giuseppe con le braccia aperte e un gatto sotto il tavolo. Forse, a distanza di un secolo dalla morte della benefattrice che fece costruire la cappella, oltre a rispettare le volontà testamentarie di Giuseppe, si è trovato il modo di ricordare la grande devozione di Petra nei confronti del Principe degli Apostoli inserendolo fra i personaggi che assistono San Giuseppe. Peraltro la presenza del Principe degli Apostoli è un filo rosso che ricorre in tutta la chiesa.
La famiglia Mazara rappresenta un anello di congiunzione tra le chiese più importanti di Modica Bassa, avendo operato già nel XVI secolo con determinazione e munificenza nella chiesa di Santa Maria di Betlem, e poi trasferendo le proprie attenzioni nel secolo successivo verso la chiesa madre dedicata a San Pietro Apostolo. Recenti ricerche genealogiche hanno accertato i legami parentali tra la famiglia Mazara e la famiglia Caggia, che pure contribuì equamente alla crescita concreta di entrambe le chiese maggiori di Modica bassa in periodi caratterizzati da grandi difficoltà.
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