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Modica: i giorni dell’alluvione. Parte 1

L’alluvione avvenuta il 26 Settembre 1902 non fu in verità la prima calamità di questa natura che mise Modica in ginocchio, ma quella che lasciò il segno, più delle altre, che la città dovette affrontare negli anni:

  • 24 Dicembre 1818 un’Alluvione distrusse quattro ponti e una parte di strada rotabile di circa 300 passi, lasciando sommersi nell’acqua una grande quantità di frumento, orzo, ed altri generi alimentari riposti nei granai e nelle officine di primo piano
  • 22 Gennaio 1830 e 10 Ottobre 1833 avvenne il cosiddetto “Fatale acquazzone”: costò a Modica la perdita di circa 9 vite umane e 100 mila onze di danni, corrispondenti ad un miliardo di lire circa

Da un rapporto del Barone di Montenero, intendente del Val di Noto, inviato da Re Ferdinando II di Borbone, per svolgere un dettagliato rapporto sui danni provocati da questa alluvione del 1833 ed accertarne le cause, emerse la distruzione di diverse case e 12 ponti. Inoltre affermò che i danni sarebbero stati minori se si fossero ribassati i ponti al livello della strada e se il letto dei torrenti non fossero stati ristretti da opere murarie a scopo di colture.

La totale distruzione dei 9 ponti, divise gli abitanti di Modica in compartimenti delimitati dai torrenti in piena.

(VEDERE ALL’ARCHIVIO DI STATO ENTE LICEO CONVITTO “RAPPORTO TOPOGRAFICO, METEOROLOGICO E STATISTICO DEL TERRIBILE CATACLISMA DEL 1833” DI MICHELE RIZZONE).

Secondo quanto visto, l’Intendente consigliò di:

  • allargare il letto del torrente principale (Moticano)
  • la rifinitura con bastioni di pietra, dai suoi argini, raccomandando la lastricatura del fondo dell’alveo, assieme alla platea dei ponti e la costruzione direttamente sopra i bastioni degli argini

Fece inoltre emanare un’ordinanza che vietava a chiunque di restringere il letto della cava, dalle sorgenti fino al paese, con orti o muri, nominando una commissione di vigilanza che facesse rispettare tale ordinanza. Nel 1841, 8 anni dopo il il primo terribile monito che la storia ricordi, il Governo di Re Ferdinando II, con una delibera che stupì tutti a quel epoca, iniziò l’allargamento degli alvei dei due torrenti Janni Mauro(Corso Umberto I verso la chiesa di San Pietro) e Pozzo dei Pruni(torrente adiacente alla Collegiata di S.Maria di Betlem), nel loro percorso dentro l’abitato e sino al Ponte dello Stretto, seguendo le istruzione del Barone di Montenero.

Nel 1848 purtroppo le opere iniziate cessarono a cause delle rivolte anti-borboniche.

Solo nel 1899, vennero completati i lavori di allargamento degli alvei e la relativa copertura dei tratti compresi tra Piazza Municipio e San Francesco la Cava, da una parte, e tra Piazza Municipio e Santa Maria dall’altra.

L’ALLUVIONE DEL 1902

Nel 1902 Modica contava 52 mila abitanti, con una densità di 268 individui per Kmq (2 volte e mezzo quella della provincia di Siracusa). In tutta la Sicilia in quell’anno nell’estate ci fu una prolungata siccità che però terminò alla fine di Settembre cominciando a piovere in tutta la provincia di Siracusa facendo straripare i fiumi Anapo, Tellaro,Simeto, Ippari ed Irminio. La città più colpita risultò essere Modica, e qui successe una vera e propria tragedia.

Era il 25 Settembre, quando la pioggia iniziò a  cadere sulla città, ininterrottamente per 24 ore. La stazione pluviometrica di Giarratana, registrò una quantità di acqua pari a quella che di solito cade in 6 mesi durante l’anno nel territorio ibleo.

Verso le ore 21 del 25 Settembre, cominciò una vera e propria tempesta con un vento impetuoso. La furia dell’acqua iniziò a devastare le campagne, distruggere armenti e raccolti, allagare campi e strade. Le cave che attraversavano la città, da li a poco, si trasformarono in vere e proprie trappole mortali per i cittadini che dormivano ignari di tutto.

Verso le 4.30 circa del mattino del 26, il volume della pioggia assunse il carattere di una valanga di acqua che cominciò a piombare giù compatta verso la parte bassa della città alla grande velocità di circa 50 km orari, alimentata dai torrenti Janni Mauro, Pozzo dei Pruni e San Liberante.

Il torrente Pozzo dei Pruni, alimentato da un bacino di 17 kmq, iniziò la sua folle corsa a 7 km dalle porte di Modica, alimentato dalle acque in piena del Passo Gatta, di Cava Fazio e della Vaccalina. Esso arrivò alle spalle della chiesa di Santa Maria di Betlem con un fronte d’acqua di circa 11 metri, abbattendo tutto ciò che trovava lungo il suo percorso, tra cui il ponte della Catena e tre case a diversi piani, per civile abitazione, nella curva di via Dione (via Marchesa Tedeschi), spazzate via come castelli di sabbia.

Dove c’erano queste costruzioni, l’acqua vi scava un letto di circa 3 metri dal piano stradale e 15 metri di larghezza. Da scritti storici si legge di palazzi sradicati interamente, della distruzione del muraglione della Catena lungo 200 metri e largo 2,50.

Le colonne del Palazzo Pilera, per la forza dell’acqua, si inclinarono; l’atrio comunale si riempì di acqua e la balconata dell’Ufficio Postale fu divelta e buona parte della case costruite sull’area dell’Ufficio stesso, nonché i terreni situati all’incrocio di via Arancitello con via Santa, vengono diroccati. In questo punto furono più di 30 le persone che perirono sorprese nel sonno. Le acque dei 2 torrenti si incontrarono nella parte coperta di piazza San Domenico, scatenando un forte boato e facendo si che le acque si innalzarono per un’altezza di circa 5 metri dal livello stradale. Le tracce lasciate su Palazzo Grimaldi (gelateria degli Angeli), parlano di un’altezza di circa 5, 90 metri dal marciapiede, che a sua volta si innalzava dal fondo della cava  di circa 4 metri.

La chiesa di Sant’Agostino e Casa Tantillo, soffrirono lesioni gravi da portarne il ricordo per 60 anni (fino a quando furono abbattute nel 1962). Le acque dei 2 torrenti in zona delle Stretto si incontrarono con le acque del torrente San Liberante, e si riversarono in parte in corso Umberto I e in parte in via Santa Marta, attuale via Vittorio Veneto, dove le case erano costruite sotto il livello stradale. La piena fece quindi razzia di uomini, animali, case e negozi. I fondaci ed i magazzini che sorgevano all’imbocco di via Conceria sono ridotti ad un cumulo di macerie.

Sono le 4,40 del mattino, di quel mattino del 26 Settembre del 1902, che sarà anche l’ultimo per più di 100 persone.

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